I giorni dell'abbandono di Elena Ferrante



Non esistono libri morali o immorali, come la maggioranza crede. I libri sono scritti bene o scritti male. Oscar Wilde

In questi giorni non si sente parlare d'altro che del successo oltreoceano della "nostra" Elena Ferrante. Il NYTimes l'ha inserita tra i 100 autori più importanti del 2014; stesso dicasi per Publisher Weekly, che mette il terzo libro della saga napoletana -  Storia di chi fugge e di chi resta -  al 4° posto della top ten dei libri 2014. Buone notizie senz'altro, vista la situazione critica in cui versa l'editoria italiana in generale. Ma poichè il primo libro della saga L'amica geniale non mi ha convinto a proseguire con la lettura dei successivi, ho deciso di andare a ripescare questo suo titolo più datato per cercare di capire il motivo di tanto successo.

Si discute molto sull'identità di questa autrice, che per scelta non è mai apparsa in pubblico e non ha mai rivelato la sua vera natura. Alcuni ritengono sia una donna, perchè i suoi romanzi trattano sempre storie di donne dimostrando una profonda conoscenza del genere femminile e di tutte le sue innumerevoli sfaccettature. Io invece credo che sia un uomo a scrivere, per lo meno in questo romanzo. Non è semplice spiegare su cosa poggi questa mia sensazione; è un pò come se un grande musicista utilizzasse uno strumento senza prima accordarlo completamente. Puoi essere un grande maestro, ma se lo strumento non è perfettamente accordato prima o poi prenderai una nota stonata...

Nel caso de I giorni dell'abbandono - storia di una donna napoletana benestante, che vive a Torino e improvvisamente viene lasciata senza spiegazioni dal marito, in realtà innamorato da tempo di una donna molto più giovane, e dell'abisso esistenziale nel quale precipita per qualche tempo, rischiando di compromettere in modo irreparabile il benessere proprio e dei figli ancora piccoli - la nota stonata, quasi impercettibile, è un certo compiacimento maschilista, una lieve forma di misoginia nel ritrarre questa donna spezzata e ridotta a "cagna dolente". In una bellissima recensione ho letto che I giorni dell'abbandono potrebbe essere la risposta femminile a Intimità di Kureishi, il breve romanzo dell'autore inglese nel quale un uomo passa la notte a pianificare l'abbandono della sua famiglia. In realtà io lo considero più come il sequel di Intimità, perchè la storia è solo apparentemente narrata da un punto di vista femminile.

Qualcuno potrebbe obiettare che il sesso dell'autore non ha in realtà alcuna influenza sulla sua capacità di narrare storie da un punto di vista "femminile" o "maschile", perchè se un autore è bravo e scrive bene riesce a dar corpo e voce a qualsiasi tipo di personaggio. Io concordo totalmente con questa affermazione e in effetti non ho mai scelto un libro in base al sesso dell'autore. Ma l'impressione che ho avuto leggendo questo libro è che Elena Ferrante giochi molto con questo equivoco per spiazzare il lettore. E non dimentichiamoci che la pruriginosità vende parecchio... Ciò non toglie che il romanzo in questione tenga il lettore incollato dalla prima all'ultima pagina, in un crescendo di violenza e dolore, fino al graduale ritorno alla normalità e alla conquista di un nuovo equilibrio, di una nuova coscienza di sè da parte della protagonista.

Ora non mi resta che leggere L'amore molesto; l'indagine sul rapporto madre-figlia potrebbe essere la prova del 9!

Elena Ferrante
I giorni dell'abbandono
Edizioni e/o
 

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