And the winner is... Elizabeth Strout!!!


And as we wind on down the road / Our shadows taller than our souls / There walks a lady we all know/ Who shines white light and wants to show/ How everything still turns to gold...
Led Zeppelin





Dicembre si sa è tempo di consuntivi. Un paio di amici ieri sera mi hanno domandato: "qual è stato il libro più bello che hai letto nel 2014?". Senza battere ciglio ho risposto: "l'opera omia di Elizabeth Strout". E' per questo motivo che ho deciso di riproporvi un articoletto che avevo già pubblicato a gennaio di quest anno su un altro blog, con la speranza che arrivi in Italia la miniserie televisiva tratta dal suo romanzo di maggior successo - Olive Kitteridge - interpretata dalla bravissima Frances McDormand e presentata fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia lo scorso settembre.



Lo so, lo so, sono terribilmente in ritardo con questa mio articoletto perchè Elizabeth Strout ha vinto il premio Pulitzer per la letteratura nel 2009 e tutti hanno parlato in lungo e in largo del suo bellissimo romanzo in racconti – Olive Kitteridge - e di tutti gli altri suoi libri, sia quelli precedenti ora finalmente ripubblicati in Italia, come Amy e Isabelle, sia l’ultimo nato, I ragazzi Burgess. Però io sono sempre un pò scettica nei confronti della letteratura americana in primis, dei premi in secundis e dei bestseller preannunciati in Italia con gran frastuono da parte della stampa nazionale in tertiis, pertanto ho sempre volutamente rimandato la lettura di questa autrice. Fino a qualche settimana fa. Poi è stato amore per la vita.

In questo caso infatti mi sbagliavo su tutta la linea: Elizabeth Strout è probabilmente una delle più grandi autrici anglosassoni contemporanee – in my humble opinion non ha nulla da invidiare alla Munro recentemente incoronata dall’Accademia Svedese con il Nobel per la letteratura – e la sua scrittura è una gioia per la mente, per il cuore e per tutti i cinque sensi. Mi permetto di paragonarla a quella che è senz’altro una pietra miliare della musica rock e in assoluto il mio brano preferito da quando avevo 14 anni: Stairway to Heaven dei Led Zeppelin. Ascoltare Robert Plant con la sua voce graffiante e calda, i virtuosismi di Jimmy Page alla chitarra e la potenza incendiaria di Bozo alla batteria riesce ogni volta a scuotermi, a commuovermi profondamente e a strapparmi qualche lacrima. E’ un crescendo di brividi e di emozioni, fino all’esplosione finale, ma tutto è perfettamente calibrato, senza sbavature, senza eccessi, senza se e senza ma. A song of hope, come la definisce Robert Plant introducendo il brano.

La scrittura cristallina della Strout è proprio così: parte piano, con delicatezza, ti guida lentamente dentro la vita dei suoi personaggi, dell’ambiente in cui si muovono, ma man mano che procede con il racconto penetra sempre più a fondo, incide con il suo bisturi nella carne e nell’anima del lettore. I suoi personaggi prendono sempre più spessore, ti sembra persino di sentirne l’odore, non riesci più a toglierteli di dosso. Anche se apparentemente centrate su uno o due personaggi, le sue sono tutte storie corali, la cui vera protagonista è la provincia americana, anonima, perbenista, ipocrita. Eppure, nonostante l’apparente negatività, senti che c’è un filo rosso che tiene legato tutto insieme: il filo della speranza, o hope in inglese. La bellezza è li, dietro l’angolo, basta volerla vedere. E’ proprio la bellezza di cui parlava il principe Myskin ne L’idiota di Dostoevskij, quella bellezza che rappresenta l’unica vera speranza di salvezza per il mondo.


Elizabeth Strout
Olive Kitteridge
Amy e Isabelle
Resta con me
I fratelli Burgess
Fazi Editore






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