Il cardellino di Donna Tartt, Premio Pulitzer 2014
"Nessun vascello c'è che come un libro possa portarci in contrade lontane. E' un viaggio che anche il più povero può fare senza il tormento del pedaggio." Emily Dickinson
Il 14 aprile l’americana Donna Tartt ha vinto il premio Pulitzer 2014 per la letteratura con il suo terzo romanzo, frutto di dieci anni di lavoro, Il cardellino (The Goldfinch). Un premio meritatissimo, per un libro di 900 pagine che tiene incollati dalla prima all’ultima riga, senza un momento di noia e senza una sbavatura.
Il romanzo è di chiara ispirazione
dickensiana, ma molti altri sono i riferimenti letterari di cui è
arricchito il romanzo: riconosciamo ad esempio J.D. Salinger nelle
descrizioni degli ambienti newyorkesi, o John Fante nelle scene
ambientate al sud.
Theo Decker, orfano come Oliver Twist
– la madre muore all’inizio del romanzo in un attentato terroristico al
Metropolitan Museum – è il protagonista di questo rocambolesco romanzo
il cui fil rouge è la sparizione e riapparizione di un quadro di Carel
Fabritius, pittore olandese del Seicento e maestro di Vermeer,
intitolato appunto Il cardellino, che il giovanissimo Theo si
ritrova tra le mani, suo malgrado, proprio durante l’attentato e che
diventerà l’ossessione della sua vita.
Il cardellino
è raccontato in forma di flashback: Theo, ormai adulto, è prigioniero
in un albergo di Amsterdam e racconta la sua vita. Vita segnata
dall’abbandono del padre, classico buono a nulla, alcolizzato,
opportunista e senza scrupoli che si rifarà vivo dopo qualche tempo
dalla scomparsa della madre di Theo nella speranza che il figlio erediti
un po’ di soldi e riesca a saldare i debiti contratti da lui col gioco
d’azzardo. Ma prima di trasferirsi a Las Vegas per vivere col padre e la
sua nuova fidanzata, Theo, rifiutato anche dai nonni, viene ospitato
per qualche tempo da una eccentrica ricca famiglia dell’Upper East Side e
in queste pagine è fortissimo il riferimento a Salinger, che viene
citato quasi subito, con il girovagare solitario di Theo come un giovane
Holden, per le strade dell’Upper West Side in cui è ambientato anche Franny e Zooey.
L’amore della Tartt per la sua città d’adozione trasuda copiosamente in
queste pagine, che sembrano uscite da un film di Woody Allen, tanto che
leggendole continuavano a venirmi in mente le inquadrature di Misterioso omicidio a Manhattan.
A
New York Theo conoscerà anche l’unica persona che gli dimostrerà del
sincero affetto e diventerà per lui una figura paterna, il falsario
d’arte Hobie, e il grande amore - purtroppo non corrisposto - della sua
vita, la bellissima nipote Pippa, incontrata per la prima volta durante
l’attentato del Metropolitan Museum, dove si trovava con il nonno,
rimasto vittima dell’attentato, il quale morendo ha affidato a Theo un
anello d’oro da consegnare a Hobie e il misterioso quadro di Fabritius.
A
Las Vegas invece incontrerà il suo unico vero amico, il giovane Boris,
un altro adolescente alla deriva ma dal cuore grande, che vive di
espedienti. E qui ritroviamo Dickens e i personaggi di Grandi Speranze.
Le pagine che descrivono l’amicizia tra i due ragazzi sono tra le più
belle che io abbia mai letto e sembra impossibile che una donna sia
riuscita a calarsi così bene nelle dinamiche maschili.
La
droga, il mondo dei falsari d'arte, la consapevolezza che la sua vita è
cambiata definitivamente e che nulla potrà più tornare come prima di
quel famigerato attentato che gli ha strappato per sempre la madre,
l'unica persona che lo abbia amato veramente, fanno di questo
Bildungsroman un romanzo morale, sull'isolamento e l'alienazione,
un'analisi tagliente su quanto sia labile il confine tra verità e
menzogna, tra l'ipocrisia dei ricchi e la sincerità dei falsari:
"Se
sono i nostri segreti a definire chi siamo, al contrario del volto che
scegliamo di mostrare al mondo, allora il dipinto è stato il segreto che
mi ha elevato sopra la superficie della vita e mi ha fatto capire chi
ero"
Un romanzo d’altri tempi, che
ci fa commuovere, sperare, sognare e con il quale dilatare il tempo che
ci è concesso vivere, da non lasciarsi assolutamente sfuggire. Come non se lo è fatto sfuggire la Warner Bros, che ne ha acquistato i diritti e produrrà un film per la regia di Brett Ratner, il regista di Rush hour.
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