Elizabeth Jane Howard, Il tempo dell'attesa, secondo volume della saga dei Cazalet

La saga dei Cazalet, secondo volume: Il tempo dell'attesa


"Beth? Ma se la conosco da anni! Beth non scomparirà mai. Muore, certo, ma io posso ritrovarla lì tutte le volte che voglio. In generale, ormai preferisco i libri alle persone, o meglio le persone che sono nei libri a quelle che sono nella realtà...In linea di massima..."

Ci sono libri che ti fanno tornare bambina, a quando ti sedevi sulle ginocchia della nonna per ascoltare le sue storie. Storie vere, che raccontavano di tempi lontani, di guerra, di miseria, ma anche di rapporti umani profondi, di grandi famiglie e conflitti personali irrisolti. Leggendo la saga dei Cazalet rivivo la gioia e la tenerezza di quei momenti, in cui mi sentivo al sicuro e sorbivo le storie della mia famiglia come un bicchiere di acqua fresca e dissetante in un caldo pomeriggio estivo.

Elizabeth Jane Howard aveva un grande dono: sapeva narrare. Oggigiorno non sono tanti gli autori che lo possiedono. Esiste tanta bella narrativa e ottimi autori che meritano di essere letti, ma grandi romanzi classici come questa saga, che prende spunto dalla storia familiare dell'autrice, sono molto difficili da trovare. Se proprio posso azzardare un paragone penso ad Elena Ferrante, autrice della fortunata saga de L'amica geniale. Grandi storie in cui chiunque abbia già qualche anno alle spalle può facilmente riconoscere la storia del proprio padre, di una zia, di un nonno. Ovviamente l'ambiente in cui si muovono le due saghe è profondamente diverso; mentre i Cazalet sono una famiglia inglese alto borghese, i protagonisti de L'amica geniale sono di estrazione umile e vivono in un quartiere popolare di Napoli. Ma entrambi i romanzi hanno un respiro ampio, panoramico, offrono un affresco sociale dell'epoca e allo stesso tempo sono generosi nel dispensare storie minime, personali, che descrivono la capacità di sopravvivere al dolore, alle bugie e fanno capire quale sia l'amaro prezzo della verità.

La prosa della Howard scorre lieve, come se scrivere fosse la cosa più naturale del mondo, e i dialoghi non sono mai banali, anzi, sorprendentemente attuali. Come ho scritto nella recensione al primo volume, la Howard era una donna molto emancipata, senza peli sulla lingua, e in questo secondo volume, dedicato soprattutto ai bambini di casa Cazalet, condanna apertamente l'ipocrisia e i costumi di una società ormai in declino, in cui le donne faticano a trovare un proprio spazio ma iniziano a non sopportare più i panni stretti che la società maschilista ha cucito loro addosso.

Ho scelto di citare questo dialogo tra Clary e Polly, cugine adolescenti, perché è un esplicito omaggio a Piccole donne di Louise May Alcott, uno dei miei romanzi preferiti, riletto più e più volte non soltanto da ragazzina, e non a caso la Howard lo sceglie come lettura preferita da una delle sue protagoniste: anche il suo infatti è un romanzo scritto da una donna, che parla soprattutto di donne e alle donne. Inoltre questa frase descrive un pensiero che condivido appieno e che è perfettamente sintetizzato da una frase attribuita al filosofo e sociologo francese Michel Foucault: "per sognare non bisogna chiudere gli occhi, bisogna leggere".


Elizabeth Jane Howard
La saga dei Cazalet
Il tempo dell'attesa
traduzione di Manuela Francescon
Fazi Editore





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