Una cosa divertente che non farò mai più, di David Foster Wallace



Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. 
Marcel Proust


Come vi avevo preannunciato nella mia recensione del film di Ponsoldt, ho finalmente letto un altro libro di David Foster Wallace, autore che fino a questo momento avevo sempre guardato con sospetto, e devo dire che mi sono divertita parecchio, anzi di più: mi sono totalmente immedesimata nei suoi panni di inviato della rivista Harper, costretto a trascorrere una settimana su una nave da crociera extralusso nei Caraibi in cambio di un articolo. Ho condiviso il suo senso di disagio e la sua perplessità mentre osserva il turista medio alle prese con l'american dream.

In crociera ci sono stata una volta sola in vita mia, da ragazza, con la mia famiglia. Erano tempi in cui il turismo non era ancora diventato così di massa e le crociere in modo particolare erano considerate una vacanza, se non di super lusso, comunque per pochi. Eppure, nonostante siano passati quasi 40 anni da quella vacanza e nonostante le navi da crociera non fossero neppure lontanamente simili ai condomini di dieci piani che si vedono nei porti turistici oggigiorno, con una clientela mediamente molto diversa da quella descritta nel libro di DFW, la sensazione di disagio che provai fu per molti versi simile a quella descritta da Wallace. La stessa sensazione che provi quando decidi tuo malgrado di partecipare ad un veglione di Capodanno dove non conosci quasi nessuno e tutti sono vestiti in modo elegantissimo e fingono di divertirsi tantissimo, tanto per capirci. Un mondo dorato e finto, dove tutti sorridono come a Disneyland ma nessuno è veramente felice di trovarsi lì, tantomeno di lavorarci.

In alcune della pagine più divertenti del libro, DFW descrive l'ossessione per l'ordine e la pulizia sulla nave, che raggiunge livelli di vera e propria paranoia. Così ossessiva che, se ad esempio occupava una sdraio a bordo piscina, non poteva nemmeno alzarsi per sgranchire le gambe o fare una nuotata che subito il suo asciugamano spariva, per essere poi immediatamente rimpiazzato da uno pulito. Altra cosa che lo inquietava tantissimo era l'organizzazione maniacale di ogni minuto della crociera, a partire dall'imbarco, che a Wallace evocò addirittura la scena della partenza per Auschwitz di Schindler's list.

Della mia crociera io non ho ricordi così agghiaccianti sinceramente, piuttosto abbastanza ridicoli. Ricordo gli inchini del maître ogni volta che entravamo nella sala ristorante, ma anche l'odore nauseabondo di un ambiente che non poteva mai essere adeguatamente aerato e dove l'aria condizionata era sempre tarata su temperature degne di una cella frigo. Ricordo il capitano che a turno cenava con tutti gli ospiti della nave - cosa tristissima, alla Love Boat - ma provo ancora molta tenerezza e simpatia per gli addetti alle pulizie del ponte che comparivano all'improvviso dal nulla con secchio e spazzolone ogni volta che accennavo ad alzarmi dal lettino a bordo piscina in preda alla nausea per il mal di mare.



Concordo perfettamente con DFW quando afferma: "In queste crociere extralusso di massa c'è qualcosa di insopportabilmente triste. Come la maggior parte delle cose insopportabilmente tristi, sembra che abbia cause inafferrabili e complicate ed effetti semplicissimi: a bordo della Nadir - soprattutto di notte, quando il divertimento organizzato, le rassicurazioni e il rumore dell'allegria cessavano - io mi sentivo disperato." Pertanto, non esito a dichiarare che la crociera è stata una cosa divertente che non farò mai più.


David Foster Wallace
Una cosa divertente che non farò mai più
Traduzione di Gabriella D'Angelo e Francesco Piccolo
Minimum Fax

Commenti

Post più popolari