Elena Ferrante, il ciclo de L'amica geniale



Un buon libro non finisce mai.
Robert Daziel Cumming


Di Elena Ferrante, misteriosa autrice di alcuni tra i più bei romanzi italiani sulla psicologia femminile e sulla crisi della famiglia tradizionale apparsi negli ultimi decenni e trasposti sul grande schermo da importanti registi come Mario Martone e Roberto Faenza, avrete sicuramente già sentito parlare diffusamente. L'amore molestoI giorni dell'abbandono, La figlia oscura sono entrati nelle case e nell'immaginario di moltissimi lettori italiani per la grande forza e spudoratezza con cui hanno affrontato argomenti molto delicati, per non dire spinosi.

Il ciclo de L'amica geniale però è un'altra cosa. Confesso che ho faticato molto a riconoscere nei quattro volumi che compongono il ciclo la cifra stilistica di Elena Ferrante. Il mio non vuole essere un giudizio di merito, semplicemente non ho riconosciuto quella sorta di "sadico autocompiacimento" che leggevo tra le righe dei suoi romanzi precedenti, soprattutto nello descrivere l'apparente fragilità delle protagoniste, e che mi hanno sempre fatto pensare che tutto sommato, dietro a quello pseudonimo, si potesse celare un autore maschile in vena di prendersi gioco del lettore.

La lettura di questi quattro romanzi è un'esperienza completamente diversa, molto piacevole e coinvolgente, che ti prende letteralmente per mano e ti trascina a spasso nel tempo, dagli anni in cui erano giovani i nostri genitori se siete quasi cinquantenni come me o i vostri nonni se avete meno di 30 anni, fino ai giorni nostri.

È l'Italia del boom economico e demografico e del desiderio di benessere diffuso, delle prime TV in bianco e nero, delle ragazze in bikini ma anche della miseria di certi rioni della periferia napoletana, della violenza fuori e dentro le mura domestiche e della fatica di liberarsi da preconcetti arcaici, lo scenario da cui prende avvio e si dipana la storia.

Leggendo le avventure e le disavventure di Lila ed Elena, amiche-nemiche dai banchi delle elementari, tanto simili eppure anche profondamente diverse, entrambe alla ricerca di un riscatto sociale, ho visto scorrere davanti ai miei occhi le inquadrature di tantissimo grande cinema italiano che ha fatto la nostra storia, come certi film di Comencini, di Risi o di Monicelli.

Al di là della trama, la cosa che mi è piaciuta maggiormente è la sincerità con cui viene descritto il rapporto tra le due protagoniste. Ferrante non lascia spazio al buonismo o all'ipocrisia e scava dentro la vita delle due donne e dentro al loro legame che è certamente alimentato da una fortissima affinità e attrazione reciproca, ma anche da tanta competitività. L'una trae forza dall'altra, non soltanto aiutandosi reciprocamente, ma anche saccheggiandosi energie, sentimenti e intelligenza.

In un certo senso, il rapporto tra Lila ed Elena può essere considerato l'archetipo dell'amicizia femminile. È impossibile non riconoscersi nei loro battibecchi, nel loro continuare a cercarsi nonostante tutto, nel loro offrirsi rifugio e sostegno morale, nel loro competere per lo stesso uomo e nel farsi custode e testimone l'una della vita dell'altra. L'amicizia femminile è un mistero a cui quasi nessuno finora era riuscito a dare voce ed Elena Ferrante secondo me c'è riuscita benissimo. Sarà per questo motivo che l'ultimo romanzo del ciclo, Storia della bambina perduta, è candidato per il premio Strega?

Elena Ferrante
L'amica geniale
Storia del nuovo cognome
Storia di chi fugge e di chi resta
Storia della bambina perduta
edizioni e/o


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