PERFECT DAYS di Wim Wenders - ovvero la potenza della narrazione

Kôji Yakusho in Pefect Days


L'ultimo film del regista tedesco Wim Wenders, dopo aver ottenuto due premi al Festival di Cannes 2023 (miglior attore protagonista e premio della giuria ecumenica) è ora candidato agli Oscar 2024 nella categoria miglior film in lingua straniera. Ma cosa lo rende un capolavoro assolutamente da non perdere?

Sono tanti i motivi che rendono questo film un'opera d'arte e il primo che sento di dover citare è la fotografia. Wenders ci ha abituati a film e documentari stratosferici da questo punto di vista (basti pensare al bianco e nero di Il cielo sopra Berlino o alla bellezza visiva di un capolavoro come Paris, Texas) e questo non è da meno, perciò vi consiglio di cercare una sala che lo proietti e di non accontentarvi del piccolo schermo. Che siano gli umili interni dalla luce soffusa in cui vive il protagonista, il signor Hirayama, o le riprese diurne e notturne per le strade, i parchi e i quartieri di Tokyo, resterete incantati dalla potente bellezza delle immagini e non vedrete l'ora di partire per il Giappone.

Il secondo è senz'altro la bravura dell'attore protagonista, Kôji Yakusho, già premiato al Festival di Cannes 2023, che praticamente non apre quasi mai bocca ma riesce a parlare con lo sguardo e la mimica facciale. Alla fine del film vorresti abbracciarlo e averlo come amico/vicino di casa per poter conversare di libri o di musica oppure per stare semplicemente in silenzio ad ammirare il cielo insieme a lui. 

Il terzo, ma non per questo il meno importante, è la sceneggiatura minimalista e a dir poco coraggiosa, che segue le giornate apparentemente sempre uguali di un uomo che si alza ogni mattina all'alba per andare a lavorare come addetto alla pulizia delle toilette pubbliche - lavoro al quale si applica con grande rigore e meticolosità ma sempre con il sorriso -  e nel tempo libero coltiva delle passioni che rappresentano la sua bolla di felicità: coltiva bonsai, fotografa il cielo e la natura con la sua fotocamera analogica, ascolta ottima musica utilizzando esclusivamente musicassette e legge ogni sera un buon libro rigorosamente cartaceo. Insomma, un uomo fuori dal tempo soprattutto in una città futuristica come Tokyo.


Seguendo le giornate di Hirayama scopriamo ogni giorno qualcosa in più sulla sua personalità e sulla sua storia, ma siamo anche costretti a riflettere sulle nostre giornate e su quanto ci stiamo perdendo della vita vera, immersi come siamo fino al collo nel flusso di informazioni e contenuti spazzatura del mondo digitale. 

Come ha ben scritto Byung Chul-Han nel suo ultimo saggio intitolato La crisi della narrazione (Einaudi, 2024), nonostante ci riempiamo continuamente la bocca di parole come storytelling (ma sarebbe più corretto dire storyselling, ovvero storie per vendere), viviamo in un'epoca post-narrativa perché abbiamo perso la capacità di narrare, ovvero di produrre racconti che, spazzando via il contingente, offrano senso e identità, siano in grado di creare comunità. Vivere è narrare ma raccontare presuppone il restare in ascolto e un'attenzione profonda, cosa che l'uomo digitale sta perdendo ogni giorno di più e il film di Wenders è un capolavoro soprattutto per questo, perché racconta la quotidianità di un uomo qualunque che ha la forza di iniziare ogni giornata con l'entusiasmo e il desiderio di scoprire cosa gli riserverà il destino perché la vita è qui e adesso e dobbiamo assaporarla attimo per attimo.



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